Il futuro affidato a comunità locali e organizzazioni civiche

Crescita, ovvero l’Apocalisse: il disvelamento della Modernità nel volume di Saitō Kōhei Il capitale nell’antropocene. Utilizzando un’interpretazione inedita del pensiero di Karl Marx (un Marx “non-marxista”, completamente diverso da quello cui siamo abituati), il filosofo giapponese propone una gestione comune, sostenibile ed equa, della natura come bene comune.

Siamo nell’era in cui la Modernità è messa di fronte alle sue promesse, il cui centro è stato palesato dall’Illuminismo con il motto icasticamente formulato da Immanuel Kant (1724-1804) nel 1784: “Osa servirti della tua propria intelligenza!”

Ben difficilmente il saggio di Kōnigsberg avrebbe potuto riconoscere nella Rivoluzione industriale, avviatasi alla metà del XVIII secolo in Inghilterra, una pratica affine al motto da lui formulato. Eppure aveva già intuito un possibile esito del “rischiaramento”: “nuovi pregiudizi serviranno, al pari dei vecchi, da dande per la grande folla di coloro che non pensano” (Immanuel Kant, Risposta alla domanda: che cosa è l’illuminismo? in I. Kant-Michel Foucault, Che cosa è l’illuminismo, tr. it. Mimesis, Milano, 2012, p. 11). La grande folla che ha bisogno di credere in qualcosa.

Come scrivevano Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, “il mito trapassa nell’illuminismo e la natura in pura oggettività. Gli uomini pagano l’accrescimento del loro potere con l’estraniazione da ciò su cui lo esercitano. L’illuminismo si rapporta alle cose come il dittatore agli uomini: che conosce in quanto è in grado di manipolarli” (Dialettica dell’illuminismo, tr. it. di Lionello Vinci, Einaudi, Torino, 1971, p. 17).

Il pregiudizio della crescita continua

Così è stato per il pregiudizio della crescita continua della produzione. Se davanti agli dèi, secondo il mito, “si afferma solo chi si sottomette senza residui”, così davanti alla razionalità produttiva del capitalismo che si sta sviluppando nel secolo dei Lumi si afferma soltanto chi si sottomette senza residui e crede, contro ogni documentata evidenza, che soltanto la crescita della produzione possa dare agli esseri umani prosperità e felicità. Il capitalismo industriale approda a configurare, oggi, una nuova era nella storia della specie umana, l’era dell’Antropocene.

Nel 2022 Daniele Conversi definisce così la nuova epoca nella quale stiamo entrando: “L’impatto [dell’attività umana] è diventato talmente pervasivo da alterare non soltanto l’atmosfera, ma anche la stessa superficie e stratigrafia del pianeta” (Cambiamenti climatici. Antropocene e politica, Mondadori, Milano, 2022, p. 33).

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